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Quando la Corte Suprema Statunitense dice "sì" alla detenzione dei profili genetici di persone accusate di grave reato - ECLT - Università di Pavia

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Quando la Corte Suprema Statunitense dice "sì" alla detenzione dei profili genetici di persone accusate di grave reato

DNA


L’EPILOGO DEL CASO KING V. MARYLAND.

La vicenda sul caso King v. Maryland relativa alla legittimità della legge del Maryland (Maryland DNA Collection Act) che ammette il prelievo di profili genetici appartenenti a persone accusate ma non condannate è giunta al suo epilogo.
Con una sentenza
dalla portata storica la Corte Suprema Statunitense ha deciso che l e forze di polizia possano legittimamente raccogliere campioni di DNA da individui accusati di gravi reati (come violenza o tentata violenza, furto o tentativo di furto). Così facendo la Corte Suprema ha rovesciato la sentenza della Corte d’Appello del Maryland, che aveva definito la legge nazionale come contrastante con il IV Emendamento della Costituzione americana, ritenendo la conservazione illimitata del DNA una "perquisizione irragionevole" ("unreasonable search").
Il Supremo consesso americano non si è lasciato convincere dalle arringhe della difesa, secondo cui la pratica del prelievo del DNA non possiede quella "necessità speciale" ("special need"), ossia una ragione che vada oltre il generale interesse alla repressione del crimine, al fine di fondare ogni attività di ispezione e perquisizione ("search and seizure") in assenza di sospetto individualizzato. Infatti, secondo la difesa, mentre le impronte digitali avrebbero lo scopo di identificare il sospettato e sarebbero dunque dotate di "special need", il prelievo di campioni biologici per ricavare il profilo genetico avrebbe come unico fine quello di trovare un colpevole per i "cold cases", ossia i casi rimasti irrisolti, vale a dire che la finalità non andrebbe oltre il generale bisogno di prevenzione dei reati e di pubblica sicurezza.
Per la Corte, invece, il prelievo del DNA è equiparabile alle impronte digitali, oltre che alle foto segnaletiche, ed è compatibile con il IV Emendamento. La maggioranza del collegio giudicante (composta dal Chief Justice John G. Roberts Jr. e dai giudici Clarence Thomas, Stephen G. Breyer, Anthony M. Kennedy e Samuel A. Alito Jr.) ha affermato che le "indagini senza sospetto" ("suspicionless searches", chiamate anche "special needs" searches) sono "non irragionevoli", ammissibili e fondate, se animate da motivi di sicurezza pubblica. In quest’ottica, il prelievo con tampone boccale non costituisce un mezzo particolarmente invasivo e, tramite una minima intrusione nella privacy delle persone ("a very minimal intrusion on personal privacy"), si caratterizza come uno strumento di garanzia della sicurezza pubblica, di cui le forze di polizia possono avvalersi per identificare i sospettati di un reato anche prima della condanna e senza un mandato di perquisizione giudiziale.


Va tuttavia osservato che la maggioranza dei giudici che ha portato a questo risultato è stata davvero minima (5 a 4) a dimostrazione della difficoltà di decidere sul caso.
La dissenting opinion è di particolare interesse e dimostra la vivacità del dibattito sul tema. In particolare, è rilevante la posizione del più anziano dei membri della Corte, noto per le sue posizioni conservatrici, Antonin Scalia, che ha deciso di piazzarsi dalla parte dei più liberali della Corte (Ruth Bader Ginsburg, Sonia Sotomayor ed Elena Kagan) per sostenere che il fatto di ritenere che il DNA sia utilizzato per scopi di identificazione e non di risoluzione dei crimini "mette alla prova la credulità degli ingenui" ("taxes the credulity of the credulous"). A suo parere, nel caso in questione non vi era né un ragionevole sospetto nei riguardi dell’arrestato né una "special need", in quanto il prelievo non era indirizzato a ricostruire l’identità dell’arrestato, Mr. Alonzo King, la quale era già nota prima del prelievo del campione biologico. Interpretare il IV Emendamento come "porta di ingresso" delle "suspicionless searches" sarebbe inammissibile e contrario allo spirito della Costituzione, e porterebbe a derive incontrollabili, in quanto autorizzerebbe le autorità a prelevare e impiegare il DNA dei cittadini anche al di fuori delle ragioni di sicurezza. Nonostante la risoluzione dei casi irrisolti rappresenti un nobile obiettivo, ciò non basta per giustificare l’interferenza nella riservatezza dei cittadini. Richiamandosi ai Padri Fondatori della Costituzione statunitense, Scalia afferma: "Gli uomini che furono orgogliosi di scrivere a carta fondamentale delle nostre libertà non avrebbero così facilmente acconsentito di aprire le loro bocche per una ispezione reale" ("The proud men who wrote the charter of our liberties would not have been so eager to open their mouths for royal inspection").
Il caso King si è concluso, ma la questione è tutt’altro che risolta. Le animate discussioni e posizioni in campo fanno pensare che il dibattito sia appena iniziato.

Ilaria Anna Colussi


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